La casa della gioventù fascista in cerca di futuro | Open House Roma

La casa della gioventù fascista in cerca di futuro

Storia dell'ex Gil di Montesacro a Roma e del confine - per niente sottile – tra abusi e nuovi usi.

 

di Lidia Alessandra Zianna

fotografie di Giorgio Pasqualini

Un tempo questa era la Casa della Gioventù Italiana del Littorio e il quartiere lo chiamavano Città Giardino Aniene. I balilla si allenavano in palestra, si lanciavano dal trampolino giù nella piscina e in classe ascoltavano i maestri educarli al fascismo. Oggi, nella ex Gil di Montesacro, altre generazioni, tra quelle stesse mura, vanno a scuola sui banchi dell'istituto Maria Montessori, affollano la filiale delle Poste e popolano gli uffici comunali.

Barbara Paroli e Giambattista Reale ci danno appuntamento un sabato mattina di fine marzo nel complesso immaginato e realizzato da Gaetano Minnucci tra il 1934 e il 1937. L’edificio che Barbara – giovane architetto uscita dalle aule di Roma Tre nel 2014 – ha scelto per la sua tesi di laurea, collaborando poi alla stesura delle linee guida per un possibile restauro commissionate dalla Regione Lazio a un gruppo di lavoro guidato da Maria Margarita Segarra Lagunes con Rosalia Vittorini e Francesco Cellini, e che Giambattista – architetto anche lui, e dottore di ricerca – ha preso a cuore dopo aver vinto un posto di docente all’Istituto Comprensivo Maria Montessori, oggi una delle tante nuove identità della Casa voluta dal regime per l’educazione fisica e morale dei giovani tra i 6 e i 18 anni. Nell'ex Gil Barbara e Giambattista hanno fatto da guide al pubblico del festival Creature, che ha inserito quest'edificio nel suo programma dello scorso autunno, e lo saranno ancora per l'edizione 2019 di Open House Roma.

La palestra della ex Gil di Montesacro. Foto di Giorgio Pasqualini.

La Casa è ancora lì, dentro e fuori tutto è cambiato. La palestra – ora dedicata al partigiano Ferdinando Agnini – è rallentata in un letargo straniante rispetto ai ritmi affannati di Viale Adriatico. Conserva ancora la sua funzione però, e i suoi dettagli rimangono testimoni delle intuizioni di Minnucci. Ad eccezione delle travi spogliate del controsoffitto e dei montanti di un ballatoio che trafiggono il cuore dei pilastri originari. Mentre l’antica piscina all’aperto, con il suo ardito trampolino in cemento armato, è ormai un desolato stagno in cui nessuno si tuffa più. Barbara e Giambattista puntano il dito: là dove in origine c’erano una biblioteca e un teatro oggi c’è la Posta, “senz’altro l’intervento più invasivo”. Non tanto per il flusso di pacchi e raccomandate, quanto per la mastodontica rampa che attacca alla giugulare il fronte posteriore dell’edificio. “Per realizzarla, la grande parete vetrata della piscina coperta che consentiva il collegamento con lo spazio all’aperto durante il periodo estivo è stata murata”.

La palestra della ex Gil di Montesacro. Foto di Giorgio Pasqualini.

La piscina, neanche a dirlo, è rimasta all’asciutto. Tra gli ambienti della vecchia scuola di economia domestica per le giovani degli anni Trenta si è inserito poi un centro provinciale di formazione professionale, e in altri spazi ancora si allargano uffici comunali.

Eppure, a scenari storici e sociali totalmente rivisti, in questo edificio profondamente trasfigurato in molte delle sue parti, si riesce a respirare ancora il fascino immutato del suo originario carattere architettonico, il guizzo di menti e mani che hanno fatto dell’architettura tra le due guerre “un’interpretazione di qualità dell’edilizia pubblica e urbana” che ancora ci stupisce, per dirla con le parole di Fulvio Irace, lo storico dell’architettura che si è ritrovato difendere la qualità delle opere realizzate negli anni del fascismo dalle colonne di un quotidiano italiano, il Sole 24 Ore del 9 ottobre 2017, dopo che la storica statunitense Ruth Ben-Ghiat si era chiesta sul New Yorkerperché così tanti monumenti fascisti sono ancora in piedi in Italia?”.

La piscina ormai all'asciutto della ex Gil di Montesacro. Foto di Giorgio Pasqualini,

La domanda semmai è: perché all'estero continuano a chiedersi come mai questi edifici capolavoro sono ancora in piedi? Distinguere tra l'input politico del regime e la visione di una stagione architettonica per molti aspetti irripetibile è qualcosa che fuori dall'Italia - e non soltanto - riesce ancora difficile. "Pensare di dover abbattere queste architetture perché concepite sotto il fascismo equivale a pensare di cancellare il Colosseo perché al suo interno, all’epoca in cui è stato pensato e realizzato, venivano svolti feroci combattimenti tra gladiatori” dice Rosalia Vittorini, professoressa di Architettura tecnica del Dipartimento di Ingegneria Civile di Tor Vergata e membro di Docomomo Italia, la onlus per la documentazione e la conservazione degli edifici e dei complessi urbani moderni partner di Docomomo International. “Lo sforzo da fare - aggiunge Vittorini - è semmai quello di raccontare la storia della ex Gil di Montesacro e di altre opere simili nate in un preciso contesto ma che oggi non sono più la stessa cosa. Bisognerebbe far percepire che cos’è dal punto di vista architettonico un edificio, superando le categorie elementari che vengono solitamente utilizzate in questi dibattiti”.

Il punto è che la ex Gil di Montesacro è ancora perfettamente riutilizzabile. Un progetto di riuso richiede però che si abbia “un’idea chiara di che cosa ci si vuole fare", insiste Vittorini, che si sofferma sul valore non di una semplice ripulitura, ma di un vero e proprio progetto. “In questo edificio, intervenire con un restauro vuol dire occuparsi di come era fatto, restituirgli la sua identità progettuale mettendo in primo piano il tema del ripristino. All’estero, quando si decide di mettere mano a opere di questo valore, si istituiscono commissioni di esperti che a quegli edifici hanno dedicato tempo e studi e si assumono la responsabilità di stabilire ciò che va fatto. In Italia, purtroppo, è una strada percorsa assai di rado".

Un dettaglio della ex Gil di Montesacro. Foto di Giorgio Pasqualini.

La sfida è insomma saper guardare con gli occhi del presente, e del futuro, edifici progettati in anni particolari – come avrebbe detto Ettore Scola – come quelli del regime, trovando la chiave per non lasciarli morire. Per non censurare né abbandonare un’opera di ingegno che mantiene indiscusso il suo valore architettonico e la sua potenziale utilità contemporanea. E dunque soprattutto per farli rivivere ancora, contaminandoli con i ritmi – anche se folli – della vita di oggi.

 

 

Durante Open House Roma potrete visitare le ex Gil di Montesacro e di Trastevere. Più info al nostro programma.

Quest'articolo è stato realizzato per Open House Roma 2019 / Utilitas in collaborazione con CieloTerraDesign e fa parte di Rooms, progetto editoriale curato da Open City Roma.

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